Tempo di samare

Di acero, naturalmente. Quelle di olmo e quelle di frassino sono ormai passate. Bisogna aspettare la prossima primavera

Ma gli aceri in giro per paese e dintorni sono in piena fioritura. E le loro samare – ossia i ‘fiori con le ali’ – hanno un fascino particolare per la forma (propriamente sono ‘disamare’), diversa, seppur di poco, tra una specie e l’altra.  

Gli aceri sono di tante specie. Anzi tantissime. 

Nelle passeggiate tra viuzze del bor§§go e strade di campagna nelle immeditate vicinanze ne incontro almeno tre. 

Non è facile riconoscerle. O meglio, gli esperti ne riconoscono molte. Io mi accontento di riconoscere con certezza l’acero minore (Acer monspessulanum), sicuramente nativo. Le sue foglie trilobate sono inconfondibili. I suoi frutti, un vero spettacolo!

E, credo, l’acero montano (Acer pseudoplatanus). Su una foglia del quale, scopro un intruso: una coccinella arlecchino, ossia un piccolo coleottero di provenienza asiatica (e siamo qui a impazzire sul come arrivino i virus, quelli si veramente minuscoli! e non riconosciamo, spesso, gli insetti più grandi!)

Nel dubbio sull’esatta attribuzione, so dove si trova, quindi posso chiamarlo con una circonlocuzione. Ad esempio, l’acero montano da cui raccolgo solitamente qualche foglia per i miei esperimenti, posso chiamarlo ‘acero di Nuvola’, dove per Nuvola si intende il magnifico pastore abruzzese – una femmina – che vive nell’ampio spazio recintato cui l’acero fa la guardia (mentre il pastore fa la guardia alla casa). Ma può anche essere ‘l’acero di Agnese’, l’amica alla quale consegno i miei esperimenti per ricavarne di qualcosa, casacca, abito, tovaglia, qualsiasi cosa la nostra fantasia combinata ci faccia venire in mente!

Poi ci sono gli aceri di Civita, un bel gruppo, nei pressi di San Salvatore, ai margini della zona rossa (ossia del centro storico, attualmente in fase di sistemazione, a seguito dei danni subito durante in terremoto del 2009). Fotografo incuriosita le samare disposte a grappolo. Le ali sono piuttosto assottigliate. Non riesco a riconoscere la specie: per ora, rimane l’acero di Civita, dove per Civita si intende, familiarmente,  Civitaretenga, il piccolo borgo, oggi frazione del comune di Navelli, ma con una sua forte identità che risale – probabilmente – alla fase dell’incastellamento, al tempo dei Normanni e di cui gli abitanti si fanno strenui, quanto inconsapevoli, difensori. Sono le antiche vestigia che risalgono alla nascita dei borghi arroccati sui colli, di cui si è persa in gran parte la memoria ma non l’idea di autonomia. Per questo lungo tutto l’Appennino, si riconcorrono i ricordi di questi contrasti ormai leggendari.

Così, durante le ultime passeggiate, ho scattato tante foto e raccolto un po’ di foglie per il prossimo esperimento scriteriato. Per ora c’è solo un’anteprima. Ma ben presto ci sarà anche il risultato finale. Con la complicità di Agnese, naturalmente!

TESTO E FOTO: Rosa Rossi

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