“Coltivare”. Un vecchio libro, fuori moda ma molto attuale

Libri recenti, meno recenti o anche decisamente datati. Questa è la mia biblioteca.

Da alcuni anni, ai classici e ai libri di studio, aggiungo costantemente libri dedicati all’ambiente. L’ambiente infatti è o, meglio, dovrebbe essere, il tema centrale, oggi. 

Per capire cosa sta succedendo intono a noi, nel generale disinteresse e in colpevole ritardo, leggere è fondamentale, scegliendo oculatamente tra i titoli. Sono importanti, tra tanti altri:

  • Rachel Carson, Primavera silenziosa, I ed. italiana 1963, IX ed. Feltrinelli 2019 (vedi: Il risveglio della primavera. Storia di un colossale abbaglio). Il titolo, Primavera silenziosa, diventa immediatamente chiaro se si decide di leggere La storia delle api di Maja Lunde (Marsilio 2017). In forma di romanzo, racconta lo stesso silenzio.
  • Elizabeth Kolbert, La sesta estinzione, I ed. italiana 2014, VI ed (Beat Editore 2019).

Servono per guardare alla salute del pianeta con uno sguardo documentato, con l’assoluta certezza che quello che vi si trova è tutto, drammaticamente, vero.

Servono anche per capire che la salute del pianeta deve essere collocata al primo posto. La nostra, anche se siamo portati a pensare che sia più importante, dipende da quella del pianeta di cui siamo ospiti e che siamo tenuti a rispettare. In caso contrario diventiamo (forse, già lo siamo) ospiti indesiderati. E la natura, come testimoniano le successive estinzioni, può vivere tranquillamente senza di noi e continuare il suo corso. Dovremmo meravigliarci delle conseguenze solo se guardassimo il problema con occhi molto miopi.

Ma, di fatto, ci continuiamo a meravigliarci come se la responsabilità fosse di altri. 

O, semplicemente, a ignorarle.

Ci sono poi libri datati che appartengono al passato e che non vengono ripubblicati, magari perché affrontano le problematiche dell’ambiente da prospettive più circoscritte. 

Sono libri che si trovano solo nel mercato dell’usato o che, come è capitato a me, si ricevono in eredità. Molti parlano di terra, di suolo, di agricoltura, di coltivazioni. Ne parlano in modo ‘professionale’ e critico. Perché chi sta a contatto diretto con la terra, la conosce e la ama, sa cosa fa bene alla terra, alle piante, agli animali piccoli e grandi che la popolano.

E, soprattutto, sa cosa le fa male e, di conseguenza, fa male a noi. Perché tutti dipendiamo dalla terra e dalle piante per vivere e per la nostra alimentazione. E più la distanza tra produzione e alimentazione è ampia (in conseguenza dell’industrializzazione delle coltivazioni, del costante processo di urbanizzazione, della mancanza di politiche agricole avvedute e del potere economico della grande distribuzione), più la situazione dell’ambiente e dell’uomo, si aggrava. 

Alcuni libri ‘resistono’ al tempo e, di conseguenza, vengono anche ripubblicati.

Tra questi, si colloca un breve testo edito dalla Libreria Editrice Fiorentina, nella storica collana intitolata Quaderni d’Ontignano (tra gli autori inseriti nella collana ricorrono nomi importati: Pfeiffer, Fukuoka, Gandhi, tra gli altri):

Raul Gasperini, Coltivare, I ed. 1987 (l’edizione che ho ereditato), ripubblicato nel 2009 e ancora disponibile.

Si legge velocemente ed è una testimonianza appassionata e pratica, al tempo stesso, di una persona che ha abbandonato, negli anni Ottanta, con scelta consapevole, i prodotti provenienti dalla chimica di sintesi per tornare a convivere con la terra con il solo ausilio della chimica naturale. 

La prima parte, dedicata alle riflessioni dell’autore, contiene un breve capitolo intitolato IL SUOLO. Ne riporto uno stralcio come invito alla lettura: 

… è possibile l’esistenza di persone che vedano il suolo soltanto per costruirvi strade, o sezionarlo in aree speculative, o vi pongano mente soltanto superficialmente, considerandolo un conglomerato di elementi inerti, nel quale le piante, bontà loro, sanno produrre spighe, fiori, foglie, frutti, legno. 

Il terreno è invece un’entità assai più complessa, molto viva, se le condizioni naturali siano mantenute al meglio.

È un qualcosa che muore se l’uomo, da quel rapinatore che spesso risulta, lo maltratta, scientemente o no.

È nelle leggi, insite nella sua stessa vita, che la Natura corregge errori umani, sanando piaghe dall’uomo ricevute, … ma la potenza menomativa, distruttiva dell’uomo d’oggi sulla crosta terrestre, per mezzo dei suoi marchingegni e metodi, detti scientifici, non di rado antiscientifici e talvolta cinici, si è fatta troppo rilevante. 

Mi pare arrivata l’ora di voltar pagina. È tempo di finirla con una cultura che presenta l’uomo per buono, onnisciente e onnipotente, come un Superessere, che possa tutto, mentre o conscio o inconscio o cinico sta avvelenando suolo, acqua, atmosfera e se medesimo … 

L’autore ha scritto queste parole nel 1987. Sono passati trentacinque anni dalla prima edizione, tredici dalla seconda (2009). La situazione non è migliorata. Risale al 2015, la formulazione da parte dell’ONU dei diciassette obiettivi da perseguire per poterle risolvere inclusi nell’Agenda 2030 (Sustainable Development Goals = SDGs).

Siamo a metà 2022, abbiamo superato una pandemia, ritrovandoci immersi in questioni internazionali, se possibile, ancora più gravi (alle quali, peraltro, stiamo facendo l’abitudine). Le scuole sono finite, l’aria di vacanza prevale.

Dovrebbe consolarmi poter osservare tutto ciò da un luogo appartato, a poca distanza da orti curati amorevolmente e con la possibilità di evitare, per quanto possibile, i prodotti ortofrutticoli impacchettati, da banco del supermercato. Ma so bene che non è sufficiente.

  • Le foto sono state scattate al volo nell’orto (con annesso ‘reparto uova’) di Gianfranco e Agnese, a Civitaretenga (AQ).
  • Rielaborazione dell’articolo originariamente pubblicato in INFODEM il 28 ottobre 2020  con il titolo: “Leggere per guardare alla salute del pianeta e per coltivare”

Lascia un commento