Era inevitabile. Lo sarebbe stato in ogni caso. Dal viaggio di trasferimento Abruzzo – UK con tappe strategiche lungo il cammino, per visitare una cattedrale, un centro culturale … al museo; dal museo al libro (uno dei cinquanta dedicati dall’autore ai viaggi avventurosi), dal libro ad altri libri … la catena è inarrestabile, lungo fili che si moltiplicano intorno al tema del freddo.
Tutto è iniziato nella Casa Museo di Jules Verne ad Amiens.
È continuato al computer, cercando di individuare per quanto possibile l’itinerario della spedizione nelle terre canadesi narrata da Verne che, da resoconto di viaggio, si trasforma in avventura dalla soluzione incerta.
Il racconto della spedizione, ricco di informazioni sui viaggi nelle regioni nordiche del Canada, in direzione delle coste dell’Atlantico o del Pacifico, succedutisi tra la seconda metà del Settecento e la prima metà dell’Ottocento, impone al lettore, pur comodamente seduto in casa:
- di confrontarsi – idealmente – con le innumerevoli difficoltà della vita in territori che si trovano per la maggior parte dell’anno a temperature inferiori a zero gradi centigradi;
- di interrogarsi sulle soluzioni proposte con i mezzi a disposizione ai loro tempi da quei viaggiatori, mossi da interessi scientifici ma anche dalla conquista di territori quasi disabitati ma ricchi di potenzialità in termini di risorse naturali e sovvenzionati dai paesi colonizzatori (Inghilterra e Francia, in particolare);
- di verificare, per quanto possibile, la giustezza delle conoscenze di allora alla luce di quanto si conosce oggi;
- di individuare il confine spesso labile tra verità storica e fantasia, riflettendo sull’attitudine assunta dagli esploratori in quanto ‘portatori di civiltà’ nei confronti degli abitanti – seppur sparuti – di quei territori, e altro ancora.
Quando Jules Verne scrive, indubbiamente, il confine tra avventura e viaggio era ancora molto sottile. In centocinquanta anni circa le conoscenze dei territori artici, la messa a punto di mezzi, strumenti ed equipaggiamento adatti hanno reso anche i viaggi nei luoghi ‘estremi’ sicuri.
Anche nei luoghi più sperduti, in molti casi, è possibile arrivare via aerea o, semplicemente, con una visita virtuale (alle Isole Svalbard, per esempio, al punto che il significato stesso del termine avventura è oggi profondamente diverso da quello che poteva avere per chi allora, a vario titolo, partecipava ad una spedizione artica. Parte integrante di quelle spedizioni era esplorare il territorio e descriverlo in tutti i suoi aspetti.
Proprio per queste caratteristiche del testo, per il punto di vista del narratore che si mescola e si sovrappone a quello del protagonista, per le descrizioni e le situazioni, non è un libro che si liquida, una volta chiuso. Rimane operativo. Fa riflettere. Anche chi, come chi scrive, ha pochissima esperienza di viaggi ad una latitudine diversa di quella in cui vive stabilmente (in Abruzzo, 42°14’19″32 N), fatta eccezione per Londra dove passa parte dell’anno con figlie e nipoti (51° 30′ 35.5140” N) e un’unica occasionale puntata più a Nord (ad Aalborg, in Danimarca – 57° 2′ 48.1452” N – in una giornata di aprile piovosa, ventosa, decisamente gelata!).
Oggi, per avere la latitudine di un luogo basta digitare nome della città e ‘latitudine’ in rete. Il risultato è immediato. Per il protagonista di Verne, è un’operazione e un calcolo da fare di volta in volta grazie al sestante – parte indispensabile e preziosa della strumentazione di bordo -, descritto innumerevoli volte nel corso della narrazione per definire con esattezza la posizione in cui il gruppo si trova.
Con il Novecento l’esplorazione oltre che per mare, si sposta nei cieli (è del 1926 il volo in dirigibile pilotato da Umberto Nobile insieme all’esploratore norvegese Roald Amundsen e il finanziatore statunitense Lincoln Ellsworth. Del 1928, la seconda spedizione in dirigibile guidata da Umberto Nobile, conclusasi in tragedia e in polemiche).
Nonostante i percorsi aerei, nonostante i risultati delle esplorazioni abbiano fatto avanzare enormemente le conoscenze, nonostante anche le regioni più estreme siano divenute meta di viaggi organizzati volti a simulare avventure per il turista del XXI sec., il fascino del viaggio via terra nei paesi nordici rimane, soprattutto quando ci si imbatte in cronache di viaggio, magari un po’ datate. Se poi l’autore è Karel Čapek – Viaggio al Nord, Iperborea 2022 -, si rischia di immergersi nelle descrizioni dei luoghi, con la complicità dei disegni dello stesso autore che le accompagnano, per uscirne con il desiderio e, perché no, la convinzione di poter fare lo stesso viaggio o, magari, solo una parte, per poter vedere di persona quello che le parole e i disegni suggeriscono, per verificare come sono nate alcune riflessioni dell’autore che, maestro delle narrazioni distopiche, nei diari di viaggio coglie particolari della natura di ogni tipo (alberi, erbe, fiori, acqua, ghiaccio, …), raccontandoli, rendendoli vivi nell’immaginazione del lettore che – idealmente – viaggia insieme allo scrittore, ne segue i tratti parola per parola, disegno per disegno. In modo per certi versi simile alle riflessioni dello stesso autore in qualità di giardiniere lungo l’arco di un anno (L’anno del giardiniere, Sellerio 2008, 2021; Elliot 2019) che in Viaggio al Nord si rivelano nell’accuratezza con cui le piante, anche le più piccole, vengono nominate con precisione analitica.
Dalla Danimarca alla Svezia, dalla Svezia alla Norvegia fino a Capo Nord e ritorno su territorio svedese: questo l’itinerario del viaggio, tra città, villaggi e case sperdute, di battello in battello, di fiordo in fiordo, attraverso ghiacci, ghiacci e altri ghiacci (non sono mai uguali!), boschi, boschi e altri boschi (anche questi mai uguali!), prati, prati e altri prati (neppure questi mai uguali!).
È possibile usare Viaggio al Nord come guida di viaggio?
L’autore ha realizzato il viaggio con la moglie nel 1936. Oggi deve essere sicuramente più semplice. Per prenderlo in considerazione, come prima cosa, è necessaria una rilettura. Rileggendo si scopre sempre di più, si appuntano cose diverse, si indaga il percorso, si comincia – idealmente – a programmare … (non senza prima aver riconsiderato i titoli ‘nordici’ di Iperborea, disposti in bell’ordine in uno scaffale della libreria).
NOTA: volutamente non ci sono foto. le uniche possibili sarebbero state quelle dei disegni di Karel Čapek che corredano il libro ma non mi sembra corretto nei confronti della Casa Editrice Iperborea e neppure di quanti si dovessero incuriosire e decidere di leggerlo. Toglierei loro la sorpresa.


- Leggendo Zena Roncada, Dal terrazzo e piccole fughe, temposospeso 2025
- Leggendo Massimo Castoldi, L’Italia s’è desta. L’inno di Mameli: un canto di pace, Donzelli 2024
- Leggendo AA.VV., Lezioni sull’antifascismo, a c. di Piergiovanni Permoli, Laterza 1960
- Giona (e Giosuè), tra Vaccamorta, Francia e Caraibi: una nuova ‘opera-mondo’ (Alessandro Marenco, Giona, temposospeso 2025)
- Contro l’obsolescenza di (alcuni) libri (parte seconda)

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