L’elenco di libri in appendice a Un bottino di libri … è organizzato in ordine cronologico, dal più antico al più recente:
Jack London, Fumo Bellew, A. Barion 1931
Riccardo Bacchelli, Il rabdomante ovvero quando si nasce con la disdetta, Treves 1936
Marcel Roland, Canti d’uccelli e musiche d’insetti, BUR 1951
Ernest Renan, Ricordi d’infanzia e di giovinezza, a c. di Stefano De Simone, UTET 1954
Jules Verne, Michele Strogoff, Mondadori 1971
Giovanni Bonetto, Le avventure di Ulisse. Riduzione in prosa dell’Odissea di Omero, Edizioni Paoline 19691 ed,, 19756 ed.(con le illustrazioni tratte dalla serie televisiva Odissea, 1968)
George Sand, Romanzi rusticani (Lo stagno del diavolo, La piccola Fadette, Francois le Champi), UTET 1981
La lettura inizia e procede con logiche diverse: l’ultimo è divenuto il primo; per il penultimo è bastata per ora una scorsa veloce, in attesa di poterne ricavare una riflessione sugli infiniti modi di riscrivere l’Odissea.
Il terzultimo – Jules Verne, Micheel Strogoff, Mondadori 1971 – è balzato al primo posto per più di un motivo: recuperare la lettura di libri non letti fino ad oggi fa parte del mio programma di letture già da qualche anno; l’incontro con Jules Verne è già iniziato da qualche tempo, rafforzato da una visita alla casa Museo ad Amiens, la sua città d’adozione e sostenuto dalla convinzione che, con ogni probabilità, anche se in casa qualche titolo di Verne doveva esserci, non è entrato nei libri a me destinati. Questioni di ‘genere’ di inizio anni Sessanta, con ogni probabilità.

Allora, tra i numerosi titoli dedicati ai ‘viaggi straordinari’, la scelta è caduta su Il paese delle pellicce (1873), sia per il fascino che esercitano su di me i paesi nordici sia perché si trova nella copia di un elenco di libri che possedeva mio nonno materno, in formato digitale (comodissimo, sicuramente, ma nulla a che vedere con le copie materiali, cartacee, a partire da quelle esposte nella casa museo ad Amiens).
Ne Il paese delle pellicce ho potuto verificare la caratteristica mistione di narrazione romanzesca e informazioni di tipo geografico, storico, scientifico che conferiscono al romanzo verniano una funzione didascalica talmente ben integrata nella vicenda da risultare impercettibile. Per percepirla bisogna accostarsi al testo con il preciso intento di ‘selezionarla’: Verne la usa in modo esplicito, arrivando a citare le sue fonti e tuttavia le ‘informazioni’ sono perfette lì dove stanno, non disturbano e, leggendo, si impara.
Così, quando ho fortunosamente pescato tra i libri accatastati in un mercato dell’usato Michele Strogoff (Mondadori 1971), senza esitazioni è entrato nel mio paniere.


Prima di addentrarmi nella narrazione ho scorso l’indice; ho letto l’interessante e ricca introduzione di Giansiro Ferrata (1907- 1986); ho appuntato le indicazioni bibliografiche sul quaderno che sempre accompagna le mie letture; ho verificato le notizie storiche relative agli anni in cui Verne ha scritto il romanzo, con particolare riguardo alla vicenda dello zar Alessandro II e alla mescolanza di etnie che caratterizzava il territorio della Russia oltre il Caucaso in cui appunto si situa la vicenda di Michele Strogoff, corriere dello zar che, in incognito, deve superare migliaia di chilometri tra le truppe tartare in rivolta alla cui guida si trova un ribelle russo, fino alla capitale della Siberia orientale, Irktusk, sulle coste del Lago Baikal.
Mi sono infine munita di Atlante (Atlante geografico metodico, De Agostini, Novara 1976, decisamente vecchio ma sicuramente valido per quel che mi serve, che tengo sempre a portata di mano), pur facendo ricorso, all’occorrenza, anche alla ricerca online per collocare i luoghi citati nel testo.


Il percorso non è facile e non solo per gli eventi allora in atto. Se è vero infatti che la missione da portare a compimento per ordine dello zar è determinata dall’impossibilità di raggiungere la capitale via telegrafo (la linea è stata interrotta dalle truppe ribelli), è altrettanto vero che gli oltre cinquemila chilometri tra Mosca e Irktusk, sono in minima parte percorribili in ferrovia, per il resto sono da percorrere con i mezzi a disposizione trainati da cavalli, una stazione di posta dopo l’altra, oppure per via fluviale o, ancora, a piedi tra difficoltà di ogni tipo. Il fatto di essere in incognito è motivo ulteriore di difficoltà per Michele Strogoff che non può rivelare la sua identità neppure alle persone di cui si fida, compresa la propria madre. Al tema del viaggio si mescola dunque quello dell’avventura e dell’amore, forte seppure solo accennato. Immancabile il lieto fine.

Tutti gli elementi che si riscontrano nella narrazione hanno fatto sì che questo come altri romanzi di Jules Verne siano stati catalogati in modo diverso, a volte anche dallo stesso studioso, proprio perché diversi piani di lettura coesistono nella stessa narrazione: “romanzo d’appendice in chiave esotico-avventurosa” (dall’introduzione di Giansiro Ferrata, p. XXV) ma anche “favola dai sapori leggendari, fresca suggestione di meraviglioso” (idem, p. XXVII) oppure “nuovo romanzo didascalico … (nel quale) di preferenza narra un viaggio sulla scorta della geografia” (da Edmondo Marcucci, Giulio Verne e la sua opera, Dante Alighieri 1930, p. 54). Il romando didascalico di Jules Verne “è un misto d’invenzione e di realtà; anch’esso, come romanzo, è opera di fantasia. Ma la visione fantastica qui può non compromettere la veridicità del dato positivo che può essere considerato a parte senza che sia rotta l’armonica concretezza”, idem, p. 83).
Edmondo Marcucci (1930 – 1963) nel 1930 aveva, tra i libri da consultare, il volume di Marguerite Allotte De La Fuye, Jules Verne – Sa vie, son Oeuvre, Kra 1928, nipote di Jules Verne che aveva avuto modo di attingere direttamente alle carte dell’autore.
Lo stesso Verne inoltre collocava le sue opere nell’ambito della ‘letteratura robinsoniana’, ispirata all’Isola del Tesoro di Robert Louis Stevenson (ancora oggi oggetto di studio, cfr. Robinson dall’avventura al mito. «Robinsonnades» e generi affini, a cura di M. C. Gnocchi – C. Imbroscio, Clueb 2000).
In tempi di viaggi in aereo che, inevitabilmente, fanno perdere i contatti con il tragitto su superficie terrestre, portando i viaggiatori/turisti in un altrove lontano senza troppo interrogarsi sul tragitto stesso, mi rendo conto che i viaggi straordinari di Jules Verne ancora sono importanti per capire la geografia e tutto ciò che in un’area geografica è ad essa connesso e per capire come sono cambiate le comunicazioni (la costruzione della Transiberiana, è iniziata nel 1891 e finita nel 1905, cfr. come è raccontata in un recente album illustrato di Alexandra Litvina – Anna Desnitskaya, Transiberiana. Tutti a bordo! Mosca-Vladivostock, Donzelli 2022), sicuramente più facili in generale ma non senza difficoltà, perché scontri di ogni tipo sono drammaticamente ancora in atto, in giro per un mondo solo in apparenza più facile da percorrere ma difficilissimo da gestire e da vivere.
Mentre completo queste note, scopro un evento attualmente in corso al Centre Pompidou di Metz (che ho avuto modo di visitare e dove spero di poter tornare!): un grande pannello dedicato, tra l’altro, a Jules Verne, in corrispondenza del Tolkien Reading Day, che mi costringerà a proseguire nelle letture e nello studio per capire come interpretare questi antichi testi alla luce degli studi più recenti, dedicati all’evoluzione del romanzo scientifico (‘fiction science’).


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