Quando ho deciso di acquistare “I morti stanno bene” (edizioni Leucotea) non sapevo precisamente a cosa sarei andata incontro. L’autrice, Giuliana Balzano, è ora un’amica virtuale, come molte altre nel mondo dei social che ha un unico vero vantaggio, ossia quello di far incontrare persone per vie che altrimenti sarebbero precluse e che, magari, con il tempo, si scoprono affini. Sicuramente l’ho scoperta tramite un altro libro perché ci sono persone per le quali “un libro tira l’altro” e queste persone si riconoscono e si incontrano anche nel mondo virtuale.
In ogni caso, l’ho acquistato sapendo che la narrazione è ambientata in un cimitero e che affronta un fatto drammatico, soprattutto se capita ad una adolescente che deve affrontare la perdita di un’amica, inaspettata, imprevedibile e inconcepibile.
Anzi, l’ho acquistato proprio per l’ambientazione.
Anche io visito volentieri i cimiteri, quello della mia città natale, quelli di altri città, soprattutto se antichi e ormai non più utilizzati come cimiteri ma solo come parchi (come se ne incontrano in tanti quartieri londinesi) o memoriali (ne cito uno per tutti, quello di Verdun, distese e distese di migliaia di croci bianche).
Ci sono storie nei cimiteri … gli indizi incisi sulle tombe aiutano a ricostruirle mentalmente, a immaginare vite, malattie, drammi personali, familiari, umani e umanitari …
Con il libro tra le mani, mi sono ripromessa di centellinarlo con calma.

Ma, dopo le prime pagine, non sono riuscita a smettere: l’elaborazione del lutto occupa le pagine una dopo l’altra, in un arco di tempo di circa cinquanta anni, da quando la protagonista è appena una bimbetta a quando, con il tempo, sa trovare la risposta alla scelta di morire dell’amica recandosi a trovarla e ‘ascoltandola’.
La vicenda è ambientata a Genova, in particolare nel Cimitero Monumentale di Genova, a Staglieno, ma anche nel Cimitero della Castagna, sempre a Genova, e in quello di Carpeneto, in provincia di Alessandria. Ho individuato i luoghi, per quanto possibile, sulle mappe.
Se dovessi riuscire a colmare la mia ignoranza dei luoghi – imperdonabile – probabilmente non mancherei di visitare il Cimitero Monumentale.


Il libro è, qui, accanto a me mentre scrivo. È un libro da leggere e rileggere. Perché tutti abbiamo vissuto perdite premature, drammatiche e, a volte, drammaticamente inspiegabili.
È un libro coraggioso perché non è facile parlare della morte, elaborarla e farsene una ragione. Ma è anche un libro che dà speranza. Ascoltare quello che i defunti hanno da dirci può sanare ferite, giustificare l’ingiustificabile, comprendere l’ignoto e farsi una ragione anche di una scelta tanto drammatica come quella di rinunciare alla vita.
Ed è un libro sul quale scrivere solo l’essenziale perché ogni lettore, necessariamente, lo leggerà in modo personalissimo, in base alla propria esperienza con la perdita e il dolore.


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