Tre verbi per un titolo.
Chi mai leggerà le righe che seguono?
Può mai interessare un testo con questo titolo?
Il rischio, oggettivo, è che molti non conoscano il significato dei primi due e molti altri si insospettiscano per il terzo (anche se non hanno mai sentito parlare né hanno mai letto neppure una pagina di Serge Latouche, ad esempio da La scommessa della decrescita, Feltrinelli 2014; oppure Lavorare meno, lavorare diversamente o non lavorare affatto, Bollati Boringhieri 2023).
Eppure, dovrebbero incuriosire.
A partire dalla formazione: i tre verbi sono derivati da termini latini – menda (difetto, in generale, e, parlando di tessuti, sdrucitura, strappo …); – celer (veloce, rapido); o da etimologia incerta: toppa (un pezzo di tessuto utile per riparare uno strappo su un pantalone, ecc.).
Poi, anche perché sono ‘andati in pensione’ negli ultimi decenni con l’uso delle fibre sintetiche, degli abiti e degli accessori a basso costo, nati in fabbriche dislocate lontano, con lavoratori pagati una miseria, di qualità scadente e, dunque, ‘usa e getta’: se si rovinano si buttano nell’indifferenziato (nella migliore delle ipotesi!) per essere riciclati come tessuti.
Questa nuova realtà produttiva ha reso gradualmente obsoleta l’abitudine di ram-menda-re e rat-toppa-re, due attività che erano parte integrante delle gestione della casa al pari del confezionare abiti e biancheria, del lavorare a maglia e all’uncinetto, del ricamare, ecc.
Se ne trova un resoconto ampio, dettagliato e documentato in Clare Hunter, I fili della vita. Una storia del mondo attraverso la cruna dell’ago, Bollati Boringhieri 2020, che ho finito di leggere in questo periodo londinese, accanto ai nipoti.
Il caso ha voluto che, proprio in contemporanea, abbia scoperto una mostra dedicata a Celia Pym allestita presso la Now Gallery , facilmente raggiungibile, ad entrata libera, con uno spazio ben organizzato e decisamente accogliente, anche con bambini al seguito.
Il primo incontro con un pannello ripieno di calzini riparati, artisticamente rattoppati da Celia Pym, è avvenuto nell’agosto del 2021, nella Wellcome Collection sempre a Londra. Idealmente, l’articolo che dedicai allora a quella esposizione potrebbe essere considerato un’ampia introduzione a queste righe dedicate alla mostra attuale:
Socks: The Art of Care and Repair
Celia Pym
Focusing on the concept of sustainability in fashion and our lives more broadly, Socks: The Art Of Care And Repair celebrates the everyday act of mending through darning.
6 Dec – 9 March 2025



Ed è il risultato del lavoro di Celia Pym, artista tessile che interpreta con ago e filo un capo di vestiario quotidiano, forse anche banale, che si presta ad essere arricchito, riparato, addobbato, rattoppato e riutilizzato, anche quando è tanto usato da essere malridotto da buchi più o meno grandi. E lo fa anche in collaborazione, come nel caso di questa esposizione nata nel corso di numerosi workshops tenuti nel corso del 2024 con gli alunni di una scuola londinese (la Surrey Square Primary School community in Southwark).
Naturalmente è stato impossibile resistere al richiamo.
Il colpo di scena all’entrata è notevole. La galleria non è ampia ma raccolta. Gli spazi sono ben organizzati lungo un percorso in cui sono disposti tavoli e sedie. Il pubblico si può sedere e utilizzare aghi e filati multicolori con i quali sperimentare le tecniche di rammendo, di cucito, di ricamo prendendo il calzino, il calzettone o la calza preferita dai cesti disposti qua e là lungo le pareti.



Il nipotino mi chiede di aiutarlo a realizzare i primi punti … già dalla seconda riga comincia a lavorare indipendentemente ed è molto soddisfatto del lavoro. La mamma è impegnatissima a realizzare una lettera dell’alfabeto. Intorno, persone isolate, in coppia o in piccoli gruppi, in silenzio o scambiando pareri sottovoce, lavorano alacremente, anche con il supporto del video che mostra come realizzare alcuni punti di rammendo.
Di tanto in tanto lo scenario cambia. Ad alcune persone ne subentrano altre, altri bambini ai bambini, e il lavoro riprende con altri calzini, altri soggetti, altri fili e altri colori.
Passano velocemente i minuti. I minuti diventano un’ora e anche più.
Lasciamo la galleria arricchiti dall’esperienza.



L’esposizione rimarrà aperta fino a inizio marzo. In alcune giornate Celia Pym sarà presente tra il pubblico e con il pubblico. Sicuramente, si tratta di un’occasione preziosa di approfondimento, riflessione e, perché no, di apprendimento per quanti non hanno mai avuto occasione di tenere un ago in mano.
- Leggendo Zena Roncada, Dal terrazzo e piccole fughe, temposospeso 2025
- Leggendo Massimo Castoldi, L’Italia s’è desta. L’inno di Mameli: un canto di pace, Donzelli 2024
- Leggendo AA.VV., Lezioni sull’antifascismo, a c. di Piergiovanni Permoli, Laterza 1960
- Giona (e Giosuè), tra Vaccamorta, Francia e Caraibi: una nuova ‘opera-mondo’ (Alessandro Marenco, Giona, temposospeso 2025)
- Contro l’obsolescenza di (alcuni) libri (parte seconda)