Contro l’obsolescenza di (alcuni) libri (parte seconda)

Qualsiasi libro, saggio o romanzo, mi induce – e, più in generale, dovrebbe indurre il lettore – a creare una rete di rimandi ad altri testi. L’invito a ricostruire questa rete nasce dall’interno del testo e dipende solo dal lettore decidere se, come e in che misura percorrerne le tracce, cercando e leggendo i testi così recuperati, spesso datati e magari difficilmente reperibili.

Una rete molto fitta è quella emersa dalla lettura di La storia negata. Il revisionismo e il suo uso politico, a cura di Angelo Del Boca (Neri Pozza 2009): raccogliendo saggi di vari autori, ciascuno completo di una ricca bibliografia, non poteva essere diversamente (cfr. Contro l’obsolescenza di (alcuni) libri. parte prima). 

Dall’indicazione bibliografica ivi contenuta, relativa a uno scritto di Gaetano Salvemini, Sotto la scure del fascismo, ho scoperto la Biblioteca Gino Bianco di Forlì che mette a disposizione on line il suo patrimonio di testi e di riviste, incappando tra le altre cose nella recensione di un altro scritto di Gaetano Salvemini, Memorie di un fuoriuscito (Feltrinelli 1960), pubblicata in “Volontà” del movimento anarchico italiano, Anno XIII n. 11, 1960 (la rivista è uscita con cadenza mensile dal 1947 al 1996, ed è stata diretta da Giovanna Caleffi fino alla sua morte nel 1962).

Un interessante quadro sulle idealità, l’impegno, la finalità della rivista fino al 1962 si trova in Pietro Adamo, I tram di Barcellona, “Volontà” 1946-1962, l’intervento al convegno “L’Italia che sognavano, l’Italia mancata”, Forlì, 19 aprile 2013, anch’esso disponibile nel sito della Biblioteca Gino Bianco.

Ora, tra gli articoli contenuti nell’uscita del novembre 1960, un titolo mi colpisce particolarmente – I paesi si trasformano -, inducendomi a modificare il percorso di letture intrapreso e, per certi aspetti, riconducendomi all’interesse per le questioni legate alla gestione del territorio e all’agricoltura. L’autrice è proprio Giovanna Caleffi.

Il paese da cui trae spunto per parlare di ‘trasformazione’ è Gualtieri, in provincia di Reggio Emilia (6 195 abitanti del 1961; 6 244 ad oggi, di cui 694 stranieri residenti, secondo i dati che riesco a reperire). L’autrice ne delinea i caratteri principali, la storia, la particolare conformazione geo – fisica, necessariamente dipendente dal trovarsi sulla riva destra del Po (ciò che la porta a ricordare la catastrofica inondazione del 1951) -, la passeggera notorietà derivatagli dall’aver ospitato le riprese di una delle pellicole intitolate a Don Camillo, per poi addentrarsi nella ‘trasformazione’ in atto tra fine anni Cinquanta e inizio anni Sessanta, a partire da una situazione incresciosa: al tempo della vendemmia, non si trovavano più persone in grado di aiutare per questo lavoro tipicamente stagionale e questo perché stava avvenendo il passaggio da paese ad economia prevalentemente agricola a paese ad economia industriale, con la  conseguente nascita di fabbriche e officine. Queste assorbivano già all’epoca la mano d’opera, grazie ai salari regolari e, in generale, un lavoro più garantito, distogliendo i più dal lavoro agricolo. 

Ne derivava l’inevitabile spopolamento delle campagne al quale si dovrebbe e potrebbe portare rimedio individuando soluzioni adatte a migliorare le condizioni di vita e di lavoro dei contadini perché “si parla di arretratezza dei contadini, di <<conservatorismo>> nei metodi di coltivazione. In parte è vero ma è vero anche che non c’è contadino che non capisca che una stalla con pochi capi di bestiame selezionato dà meno lavoro e rende di più di una stalla con molti capi di bestiame scadenti. E così è per la vitivinicultura, e tutte le altre coltivazioni agricole. Solo mettendo il contadino sullo stesso piano dell’operaio e offrendogli le possibilità di vita del secondo si potrà evitare lo spopolamento delle campagne” (p. 689).Sono passati oltre sessanta anni da quando queste righe sono state scritte. Basta soffermarsi un attimo sulla questione per rendersi conto che la trasformazione è avvenuta in direzione contraria, ossia con la pervadente industrializzazione anche dell’agricoltura, in tutti i settori, anche delle stalle, dei macelli e del prodotto finito che a stento l’acquirente associa con l’animale da cui il prodotto confezionato proviene. E questo vale per tutti i settori, da quello ortofrutticolo a quello cerealicolo (ad esempio, quanti consumatori verificano la provenienza del prodotto che trovano confezionato sullo scaffale?). Chi ‘resiste’ in nome della qualità, del prodotto biologico, del rispetto della terra, delle piante e degli animali lo fa per amore della terra e del lavoro (e, più in generale, per rispetto di un pianeta sempre più bistrattato e maltrattato).

Post-Scriptum

Nel corso di questo percorso ho individuato i seguenti titoli:

Gaetano Salvemini, Memorie di un fuoriuscito, a c. di Gaetano Arfé, Feltrinelli 1960 

Gaetano Salvemini, Scritti sul fascismo, a cura di R. Vivarelli, Feltrinelli 1966 e 1974 

Gaetano Salvemini, Dai ricordi di un fuoruscito 1922-1933, a c. di Mimmo Franzinelli, Bollati Boringhieri 2021 

Gaetano Salvemini, Memorie e soliloqui. Diario 1922-1923 Giorno per giorno l’anno del primo governo Mussolini, Il Mulino 1922

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