Con una pentola piena di acqua dove ha sostato per alcuni giorni un fagotto – tra ammollo, cottura e attesa – cosa si può fare?
Il fagotto contiene un striscia di tessuto su cui ho posizionato alcune tunica di cipolla (con l’aggiunta d qualche fogliolina di eucalyptus, giusto per ottenere qualche sagoma di foglia accanto alle sagome ‘astratte’ delle tuniche). Ne ho usate una minima parte rispetto a quelle seccate e accantonate. Perché non trasformare il bagno utilizzato per la stampa in un bagno di colore?
Così, verso tutto il contenuto del cestino nella pentola. Giro bene con il solito cucchiaio di legno. E lascio in ammollo. Con l’idea del risparmio di energia sempre in mente, ormai ho deciso di allungare i tempi di ammollo del materiale, riducendo o annullando i tempi di cottura.
Cosi lascio le tuniche in ammollo per un paio di giorni, le faccio ‘cuocere’ per un’ora circa, lascio raffreddare il bagno di colore ottenuto e filtro il tutto.
A questo punto ripeto il procedimento (ammollo, lungo breve ‘cottura’, raffreddamento in acqua) inserendo nel bagno una matassa di lana Pecunia (quella delle pecore che pascolano sui prati di Campo Imperatore) e una matassa più piccola ricavato da un ‘gomitolino’ avanzato da chissà quando e chissà dove. Sicuramente, è un filato misto.
Il segreto, in queste operazioni, è non lasciarsi prendere dalla fretta. Così lascio in ammollo la lana a freddo. Me ne dimentico. Quando la riprendo in esame ha già preso una bella tonalità di colore. La metto sul fornello, a fuoco basso, e la lascio sul fuoco per un’ora circa. La tolgo dal fuoco e me ne dimentico per la seconda volta.
Dopo un paio di giorni, recupero le due matasse dal bagno dove sono immerse (le ho lasciate nella pentola, coperta dal coperchio, all’aperto, giorno e notte) e le metto ad asciugare.
Solo alla fine del processo di asciugatura si riescono a valutare le sfumature ottenute: decisamente più densa, quella su lana vergine; più tenue quella sul filato misto.
Per il momento non le lavo. Le ripongo insieme alle altre, frutto degli esperimenti nel corso di alcuni mesi.
Le sfumature sono molto diverse ma si abbinano perfettamente.
Per ora rimangono in attesa di una (o più) destinazioni. Ogni tanto le metto in fila, in bell’ordine. Poi, sfoglio la mia collezione di riviste di maglia, in cerca di suggerimenti. Prima o poi, l’idea giusta arriverà!

POST SCRIPTUM: la prima occasione per utilizzare le mie matasse colorate è capitata in una bella domenica di luglio. In collaborazione con il Consorzio per la tutela dello zafferano dell’Aquila DOP, Maura Amoroso ha organizzato un bel gruppo per una giornata all’insegna della storia, della gastronomia e del colore. Gli stimmi di crocus sativus – lo zafferano – sono stati i protagonisti indiscussi del pranzo, a cura della Cooperativa Altopiano di Navelli. Le antere (i fili gialli) e gli scarti del fiore di un’esperienza decisamente colorata.

Le mie matasse colorate hanno fatto bella mostra di sé tra due colonne del magnifico chiostro del Convento di Sant’Antonio a Civitaretenga. Una bella occasione per parlare di colori vegetali e di chimica naturale!
TESTO E FOTO: Rosa Rossi
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