Non abitiamo proprio vicino. Il richiamo dei luoghi (e delle visciole) è irresistibile.
L’occasione per fare un po’ di marmellata di visciole da aggiungere, nella dispensa (che in realtà è una grotta!), a quella di ciliegie del nostro albero è troppo bella. Se poi si aggiunge al fatto che è il pretesto per tornare in un luogo che ha segnato la nostra giovinezza, ogni dubbio è fugato!
Da Navelli (AQ) al ‘casale’, nella zona di Osteria Nuova (RI) sono 116 km. Percorrendoli si attraversa una parte importante della storia italiana: anche una strada (anzi, due: la SS 17 e la SS 4, Salaria) è un modo per rinfrescare fatti storici che appaiono lontani ma sono, in realtà, molto vicini! Il ‘casale’ è stato uno dei luoghi privilegiati della nostra giovinezza, semplice, accogliente e distante da Roma quel tanto che basta per un contatto diretto con la campagna sabina.
Erano i tempi in cui il progresso aveva solo sfiorato le campagne. Chi aveva un fazzoletto di terra, la coltivava come avevano fatto i padri e i nonni prima di lui. Oggi, a distanza di qualche decennio, quelle terre rimangono spesso abbandonate oppure tornano a nuova vita alla luce di cambiamenti allora inimmaginabili.
Ritroviamo la strada senza nessuna difficoltà. Le scampagnate della giovinezza sono passate, la vicende della vita hanno preso il sopravvento, con tutti i suoi pro e i suoi contro, ma certe cose rimangono indelebili, pronte a farci riprendere fili ideali mai interrotti.
E dunque eccoci al ‘casale’, nella stessa posizione, affacciato sulla campagna e sui monti della Sabina – e ogni volta che scrivo Sabina il pensiero corre a Catone e al suo De agri cultura – ma interamente rinnovato con criteri di sostenibilità energetica, luminoso, pratico, moderno ma rispettoso delle tradizioni.

Ed ecco il terreno. Ci sono gli stessi ulivi, le stesse querce e anche gli stessi alberi da frutto (memorabili le scorpacciate di fichi e di ciliegie!): ma c’è molto di più.
La passione dei nostri amici per la campagna e quella per la cucina naturale e salutista hanno conferito a questo terreno lo statuto di ‘giardino dei frutti antichi’.
Nel tempo, agli alberi originari, si sono aggiunte decine di varietà antiche: meli, peri, albicocche, sorbe, mandorle, ecc., sulla base di un’idea – perseguire la biodiversità – e, dunque, l’idea che ogni stagione ha la sua mela, ogni mese i suoi frutti.
Il percorso guidato tra gli alberi è fonte di informazioni sulle varietà di fichi, di mele ma anche sulle sorbe, sulle giuggiole (nostalgia delle giuggiole nella campagna dei nonni!), sulle biricoccole (sempre un prunus!).
E, dunque, eccoci qui, nel mese delle visciole. Lungo il sentiero di accesso i viscioli sono in fila, arrivando a un vero e proprio boschetto: gli alberi hanno creato quasi un padiglione ombroso. Sopra e intorno a noi, le visciole, mature al punto giusto, sono pronte per essere raccolte e finire nel cesto.
Alla fine di un’intera giornata di raccolto, di chiacchiere, di fili riannodati, di letture condivise riprendiamo il cammino per il nostro angolo di Abruzzo montano.
Certo, non è la marmellata più semplice da fare. Con un setaccio la separazione della polpa dai noccioli è stata laboriosa ma non impossibile. Poco zucchero, barattoli sterilizzati e tappi nuovi, l’ho aggiunta in dispensa a quella di prugne, di ciliegie e di fragole. Non oso buttare i semi: li lascio seccare al sole. Sono di un colore bellissimo. E se tingessero?
PS. Non ho saputo resistere al raccolto supplementare delle noci cadute anzitempo dal grande albero di fronte a casa: il prossimo esperimento di colore naturale sarà in un bagno di mallo di noce!
TESTO E FOTO: Rosa Rossi









