Gli insetti gregari e i tre requisiti dell’insegnamento

Terra insecta. l titolo, indubbiamente, colpisce. Sembra immediato. In realtà è problematico, per vari motivi. Insecta1 è un termine latino. Terra è un termine latino, divenuto italiano. Abbinati, costituiscono un asindeto che, reso in italiano, è molto meno efficace (‘La terra gli insetti’). Per curiosità, risalgo all’originale norvegese: Insektenes planet, ossia Il pianeta degli insetti. Il sottotitolo italiano – Il mondo immenso raccontato dalle creature più piccole  è molto meno efficace e immediato dell’originale: Om de rare, nyttige og fascinerende småkrypene vi ikke kan leve uten  ossia Sugli insetti strani, utili e affascinanti di cui non possiamo fare a meno. Insomma, al di là dell’indubbia efficacia, la traduzione è piuttosto scadente, anche a fronte delle scelte attuate nella traduzioni inglese e tedesca2.

L’autrice è Anne Sverdrup-Thygeson, un’entomologa, professoressa della Norwegian university of  Life Sciences. Si occupa quindi di insetti. La casa editrice, è Rizzoli (2019). L’epigrafe premessa al libro è un adattamento di una frase di Plinio il Vecchio, posta ad inizio del libro XI della sua Storia naturale: ‘La natura non è mai così grande come nelle cose piccole’ (nell’originale: In his tam parvis atque tam nullis quae ratio, quanta vis, quam inextricabilis perfectio, ‘In questi animali così piccoli, quasi nulli, quanto criterio, quale potenza, quale perfezione indicibile (della natura)’, XI, 2).  

Il tema è o, meglio, dovrebbe essere, di grande interesse. L’attuale situazione ambientale, fortemente dominata dalla presenza sempre più invasiva di noi umani e delle nostre attività, tutte volte a garantire l’alta qualità della vita raggiunta negli ultimi decenni e, peraltro, ancora molto male distribuita, lo richiede con forza. Il problema è che se ne rendono conto solo coloro che vivono a contatto con l’ambiente in situazioni non contaminate, o solo parzialmente contaminate, dai modelli di vita cittadini, soprattutto se il loro sostentamento dipende dalla terra. La siccità che ha contraddistinto i mesi primaverili ed estivi lo ha reso immediatamente evidente. I raccolti sono stati scarsi e, in buona parte, lo saranno anche quelli autunnali, nei frutteti e negli orti. Le api ne hanno risentito. I bombi (insetti della famiglia delle Apidae) sono stati molto meno numerosi dell’anno scorso quando volavano tra i fiori spontanei del giardino: quelli rosati della salvia sclarea, quelli gialli del guado (Isatis tinctoria la pianta dalle cui foglie si ricava il blu ‘europeo’!), quelli rosa acceso o bordeaux del malvone (Alcea rosea), ecc. La stessa cosa è vera anche per calabroni e vespe, nelle diverse varietà, tutte appartenenti alla famiglia delle Vespidae

Chi ricorda le lucciole (un piccolo coleottero della famiglia Lampyridae) che si illuminavano nelle serate estive? Se oggi volessimo indicarle ai bambini, come accadeva quando i nonni di un tempo li mostravano ai nipotini, prima di andare a dormire, per una passeggiata nel buio illuminato da decine e decine di piccole luci svolazzanti, sarebbe quasi impossibile. E la diminuzione è palpabile, di anno in anno3. Bisogna essere molto ‘distratti’ da cose che ci sembrano più importanti, per non accorgersene.

La verità è che gli insetti sono fondamentali per l’ambiente. Ma soprattutto sono fondamentali per la vita dell’uomo. Se, grazie alle attività dell’uomo, in ogni campo (a partire da quello dell’agricoltura intensiva), continueremo a trascurare gli insetti, quando ce ne renderemo conto, sarà troppo tardi. L’autrice lo spiega in modo chiaro, esaustivo e, spesso, divertente. Il risultato, per il lettore, è un drastico cambiamento di prospettiva rispetto alla pretesa centralità degli umani: gli insetti sono più piccoli, è vero, ma sono molti di più di noi e, soprattutto, lavorano per garantire l’ambiente, non per ucciderlo, ognuno nel suo minuscolo settore di intervento. Per evitare che ciò avvenga, dovremmo prendere esempio proprio dagli insetti e, in particolare, dagli insetti gregari, api e formiche, in particolare. La sezione dove se ne parla ha per titolo un proverbio latino (Vade ad formicam et disce sapientiam) che risale a tempi in cui delle formiche si sapeva poco o nulla rispetto agli studi recenti. L’autrice pone una questione: ‘si può dire che gli insetti sono intelligenti?’. Per rispondere, esamina proprio l’attività degli insetti gregari, ossia degli insetti capaci di attivare un processo di insegnamento/apprendimento, quali api, vespe, formiche. Gli studi più recenti hanno verificato che questi insetti possiedono i tre requisiti specifici dell’insegnamento: “il comportamento esibito deve essere tale da prodursi solo quando un soggetto informato interagisce con un allievo ‘insipiente’, lo scambio deve comportare una spesa per l’insegnate e l’allievo deve apprendere in modo più rapido di quanto avrebbe potuto fare da solo” (p. 45). Questi tre requisiti sono stati osservati, tra l’altro, nella dinamica della cosiddetta “uscita a tandem”, tipica di una varietà europea di formica: la formica insegnante precede le formiche allieve, si ferma, attende che l’avvertano di aver capito e memorizzato il percorso e,  solo dopo aver verificato l’apprendimento, l’insegnante formica riprende il percorso.

Ho cercato di verificare le modalità di insegnamento/apprendimento su alcuni testi per le scuole elementari, soffermandomi sulle poche nozioni relative agli insetti. Generalmente, si tratta di poche frasi, seguite da una ‘batteria’ di domande espresse con le stesse parole della ‘spiegazione’ precedente, seguite da spazi dove inserire la risposta corretta tra tre opzioni (risposte a scelta multipla) con una croce che dimostri l’avvenuta comprensione (qualsiasi bambino, si rende immediatamente conto che basta rileggere la frase sopra per rispondere correttamente). Non è chiamato a comprendere realmente le nozioni né ha modo di verificarlo nella realtà.

Ho provato a sottoporre alcune pagine di Terra insecta a una bambina che ha appena finito le elementari e sta iniziando la prima media. Ho riscontrato che la bambina in questione è perfettamente in grado di capirlo, andando ben oltre le poche nozioni del libro di testo, proposte senza alcuna ulteriore spiegazione in classe. Ho verificato che la capacità di apprendere di un bambino è molto più alta di quello che i testi scolastici offrono, a condizione che si attivino i tre requisiti dell’insegnamento: l’insegnante deve sapere più dell’allievo (deve conoscere bene l’argomento, senza incertezze, senza ricorrere alla semplice lettura della frasi riportate nel libro, sapendo portare esempi adeguati, sapendo verificare la comprensione da parte dell’allievo); quindi deve ‘spendere’ il proprio tempo in termini di informazione, formazione, metodo e sicurezza; l’allievo deve ricevere qualcosa che vada ad arricchire le sue conoscenze (oltre quelle che sarebbe in grado di verificare da solo, semplicemente osservando ciò che lo circonda). Devo ammettere che la bambina in questione, partiva avvantaggiata. Abita in campagna4. Ma non è un buon motivo per lasciare i bambini di città nell’ignoranza del mondo degli insetti (anche di tante alte cose, per la verità) e, soprattutto, non è un buon motivo per non acquisire tutti la consapevolezza dell’importanza del mondo degli insetti, gregari e non, per la nostra vita da umani.

Terra insecta, a dispetto della bizzarra scelta nella ‘traduzione’ di titolo e sottotitolo, è perfetto per insegnanti, genitori, nonni e chiunque abbia a che fare con bambini in crescita. Possono ricavarne informazioni e indicazioni preziose per indirizzare i bambini all’osservazione e al rispetto della natura prima che siano travolti dal mondo circostante (con effetti che possono essere devastanti) senza aver prima capito quanto e come l’ambiente di cui siamo ospiti, spesso un po’ troppo ingombranti, possa essere interessante. Possono leggerlo, almeno in parte, insieme a loro. Resteranno stupidi dalla facilità con cui apprendono. Esattamente come le formiche, se bene guidate. Per gli adulti, è un ottimo modo per capire quale pesante eredità stiamo lasciando alle prossime generazioni, replicando e permettendo di replicare comportamenti che, ormai è chiaro, stanno distruggendo l’ambiente a ritmo incalzante.

  1. Insecta è il participio passato sostantivato del verbo latino insecare (tagliare) ed è usato da Plinio il Vecchio (I sec. d. C.), nella sua Naturalis historia (XI) per indicare gli insetti. Plinio rende con questo termine l’aggettivo sostantivato greco τὰ ἔντομα, formato con la stessa preposizione in = ἐν  e la radice del verbo τέμνω, tagliare, usato già da Aristotele. Il termine si prestava bene, ed è rimasto nelle lingue moderne, perché rendeva l’idea di piccoli esseri costituiti da tre sezioni apparentemente giustapposte che, in mancanza di microscopi adeguati, non potevano essere analizzate in modo specifico.
  2. Terra insecta è il titolo adottato, oltre che nella traduzione italiana, in quelle olandese, polacca, spagnola, il che suggerisce una possibile dipendenza dell’una dall’altra. Nelle due versioni inglesi e in quella tedesca, il titolo viene reso in modo più fantasioso (Buzz, Sting, Bite. Why We Need Insects / Extraordinary Insects: Weird. Wonderful. Indispensable /  Libelle, Marienkäfer & Co.). Viene il sospetto che il titolo originale – Il pianeta degli insetti – sia stato ritenuti non abbastanza attraente per il pubblico, proprio perché ribalta il rapporto tra umani e insetti, già dall’incipit.
  3. La questione delle lucciole è pluridecennale. Risale agli inizi degli anni Sessanta (quando fu pubblicato Primavera silenziosa di Rachel Carson). Nel 1975, Pier Paolo Pasolini usò il fenomeno della scomparsa delle lucciole come punto di partenza per interpretare il potere politico (“Nei primi anni sessanta, a causa dell’inquinamento dell’aria, e, soprattutto, in campagna, a causa dell’inquinamento dell’acqua (gli azzurri fiumi e le rogge trasparenti) sono cominciate a scomparire le lucciole. Il fenomeno è stato fulmineo e folgorante. Dopo pochi anni le lucciole non c’erano più. (Sono ora un ricordo, abbastanza straziante, del passato: e un uomo anziano che abbia un tale ricordo, non può riconoscere nei nuovi giovani se stesso giovane, e dunque non può più avere i bei rimpianti di una volta)”, “Il vuoto del potere” ovvero “l’articolo delle lucciole”, Corriere della Sera, 1 febbraio 1975, in Scritti corsari, Garzanti, 2015). In realtà, in zone ‘periferiche’ di alta collina e montagna dove, per motivi logistici, non si diffonde l’agricoltura intensiva, fino a quindici anni fa le lucciole c’erano ancora. Le ho viste ed è uno dei motivi per cui ho scelto di abitare a 750 slm. Oggi, non ci sono più.
  4. Una volta iniziata la lettura, la bambina ci ha preso gusto, così abbiamo continuato. Ho recuperato dagli scaffali dedicati ai libri datati Bandiera di Mario Lodi (Einaudi, 1985), la storia di un albero di ciliegio durante un anno, dal punto i vista di una fogliolina curiosa, frutto del lavoro in una classe di V elementare, e L’uomo che piantava alberi di Jean Giono (1953), il racconto di un pastore solitario che si dedica al rimboschimento di un’area montagnosa piantando ghiande, sistematicamente, anno dopo anno. Così, a distanza, con le rispettive copie davanti, ci siamo alternate nella lettura, decifrando metafore (per Bandiera) o approfondendo questioni geografiche e storiche (per L’uomo che piantava alberi). Da leggere e rileggere entrambi, prima di tutto dagli adulti.

NOTA BENE: questo articolo è stato pubblicato originariamente in Infodem.it il 13 ottobre 2020

Lo ripropongo qui con corredo di foto scattate in giro per la piana di Navelli per salutare l’arrivo imminente della primavera.

TESTO E FOTO: Rosa Rossi

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