I sapori di una svolta – Francesca Pachetti, Temposospeso 2023

Quando è arrivato il pacco con i libri preordinati direttamente alla casa editrice Temposospeso (originariamente due, ai quali durante il mese di settembre si è aggiunto un terzo), mi sono trovata in difficoltà. Da quale iniziare, dovendoli per di più inserire tra altre letture in corso, per motivi di lavoro e con scadenze ravvicinate? Poi mi sono imbattuta in un post dell’autrice di uno dei tre titoli, I sapori di una svolta di Francesca Pachetti. Il post è dell’11 ottobre. L’ho ‘rubato’ per averlo sott’occhio, leggerlo e rileggerlo. Ne riporto uno stralcio:

E lo so che le parole – autosufficienza alimentare – tirano più di un carro di buoi, ma. 
[…] Mi chiedo: davvero siamo così inconsapevoli da poter ambire anche solo a una parziale autosufficienza alimentare, dove nella maggioranza dei casi (non sentiamoci chiamati in causa) non riconosciamo una lattuga e neanche la sua stagione?, dove non abbiamo idea né di quello che mangiamo, né di come viene fatto e tantomeno di cosa ci servirebbe per farlo?  A oggi l’autosufficienza alimentare si limita ad illuminare semplicemente un profondo desiderio dell’uomo: essere libero e slegato, ma non ha basi per potersi realizzare se non in alcuni casi che riguardano o eremiti o comunità o famiglie allargate. […] Richiede prima di tutto almeno un mese di diario alimentare dove annotare qualsiasi cosa mangiamo seguito dalla descrizione dei singoli ingredienti dal quale è composto ogni alimento e da come si fa a farlo.
Richiede di evidenziare con un colore tutte le cose che non sappiamo come vengono fatte e metterci a studiare, con un altro colore, poi, tutti gli alimenti che in ogni caso non potremo produrci. 
Richiede un altro mese di prova dove si tenta di iniziare a eliminare dalla nostra alimentazione tutto ciò che non potremo produrci o, ancor meglio, provare a sostituirlo con un equivalente in termini strettamente nutrizionali. 
[…] A questo punto, poi, se ancora non saremo tornati indietro, potremo iniziare a mettere i primi mattoni per questo ambizioso e bellissimo progetto tenendo in considerazione -soprattutto- che arrivare ad essere autosufficienti richiede un lavoro assoluto e a tempo pieno. E poi, poi …

Ora, in questo, come in genere nei post di Francesca, ci sono tante questioni che ci riguardano tutti e che meritano un’attenzione costante, quotidiana, davanti ai fornelli, quando prepariamo il mangiare, quando facciamo acquisti … Così, ho preso tra le mani il nuovo libro – I sapori di una svolta. Quasi un ricettario tra terra, pane e cielo – e ho iniziato a sfogliarlo.

Sfogliarlo è il primo passo per ‘capire’ il libro. Solitamente comincio dall’indice, per orientarmi nei contenuti. Ma, in questo caso, è fondamentale soffermarsi anche sulla pagina di apertura (A te che leggi, una sorta di guida rivolta dall’editore al lettore). Vi trovo la conferma che definirlo un libro di ricette è riduttivo.

Alla pagina successiva, un’epigrafe in forma di dedica ad un merlo, a garanzia del contatto quotidiano dell’autrice con la terra, con il lavoro, lo sguardo rivolto ai segnali del cielo, la schiena e le mani rivolte al campo, un giorno dopo l’altro.

Poi trovo la premessa: poche righe per spiegare come il corpo del libro, pur contenendo molte ricette, non sia un libro di ricette, suddivise per stagioni, dall’autunno all’estate, spiegate o, meglio ancora, raccontate.

Mi riprometto di leggerle, in concomitanza con la disponibilità degli ingredienti, stagione per stagione. Naturalmente, ho iniziato da quelle autunnali (anche se in realtà ho già sperimentato una ricetta semplicissima – pomodori maturi e poco altro – che Francesca ha pubblicato quest’estate sulla sua pagina Facebook La raccontadina, e che ha avuto grande successo con i nipotini).

Se è vero che l’insieme delle ricette costituisce il corpo del libro, quello dove trovare decine di indicazioni per preparazioni stagionali, generalmente semplici, con pochi ingredienti essenziali, il vero messaggio di Francesca è racchiuso nel capitolo iniziale (Cosa ci orienta?) e in quello conclusivo (Pochi appunti di viaggio).

Il primo raccoglie, in una ventina di pagine, tutto i ragionamenti utili a riflettere al rapporto tra l’uomo e il cibo. Una questione complessa. Da analizzare, studiare, approfondire. Da non sottovalutare, mai. Soprattutto oggi, quando il rapporto tra uomo e cibo è regolato sulle leggi del mercato, sulla distanza tra casa e supermercato, sulla confezione (colori, disegni, scritte microscopiche). Ascoltarlo (perché le parole di Francesca si leggono e si ascoltano) significa ripensare la relazione cibo – esercizio commerciale per recuperare quella cibo – produttore. 

Una vera e propria sfida da farsi prendendo consapevolezza della realtà in cui siamo immersi, della difficoltà di eliminare un panorama ormai divenuto consueto (gli scaffali del supermercato) per recuperare, per quanto possibile, la dimensione ‘naturale’.  Un’impresa disperata, nella maggior parte dei casi. Per chi abita in grandi città. Spesso anche per chi abita in città o paesi di dimensioni più contenute.  D’altra parte, seguire il ragionamento e le indicazioni di questo capitolo rappresenta una vera e propria sfida, con noi stessi prima e con il sistema di distribuzione (dalla produzione su vasta scala alla confezione sempre più allettante e, ad un tempo, misteriosa o ingannevole). 

Per farlo, si può prendere le mosse dalle tre parole chiave che l’autrice, volutamente, ha scelto di scrivere in lettere maiuscole: FRESCO, VICINO, INTERO. Proviamo a pensare agli ingredienti che utilizziamo per preparare i nostri pasti. Quanti corrispondono a queste indicazioni? La risposta ci darà la dimensione della distanza tra noi e i campi, l’orto e, magari, il pollaio.

Se, seguendo le preziose indicazioni che il capitolo contiene, riusciremo a eliminare, gradualmente e almeno in parte, i prodotti confezionati, nel capitolo conclusivo troviamo alcune preziose indicazioni per la conservazione di quegli alimenti che durano se ben conservati, in un zona adibita a dispensa (l’ambiente tipico della case di una volta!). 

I sapori di una svolta è, già dal titolo, un libro prezioso. Pur sapendo che è difficile seguire le indicazioni in toto (a meno di non abitare nei pressi di un coltivatore / orticultore che ha fatto la stessa scelta dell’autrice), leggere queste pagine significa acquisire consapevolezza, scegliere con più oculatezza gli ingredienti per i nostri pasti, evitare – per quanto possibile – quelli troppo manipolati e quelli sulla cui confezione ci sono sostanze di cui non conosciamo neppure il nome. L’indice delle ricette e quello degli ingredienti, per concludere, sono un perfetto promemoria da tenere sempre presente.

Post Scriptum: la manipolazione dei cibi è un fatto culturale di enorme importanza. Dalla raccolta alla caccia, dall’agricoltura all’allevamento ha segnato la storia dell’umanità sulla terra. L’industrializzazione dell’intero processo (dalla coltivazione alla trasformazione, dalla confezione al consumo) è un fenomeno ‘recente’. Già in libri di cucina che risalgono solo all’ ‘altro ieri’ (tra fine Ottocento e prima metà del XX) è facile trovare indicazioni in cui affondano i ragionamenti che costituiscono la linea guida di Francesca, dal campo alla cassetta che prepara per i suoi clienti. Se non altro perché, frigorifero e freezer sono approdati nelle case dagli anni Cinquanta in poi (al punto che mi ricordo case in cui non c’erano ancora!):

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