Quando ho finito di leggere Chiara cantante e altre capraie prima ancora di decidere come parlarne, ho cercato in rete una descrizione della Val Bavona, destinata ad escursionisti attrezzati, allenati e, si spera, rispettosi dell’ambiente. Conosco il Canton Ticino solo di passaggio nel percorso di andata e ritorno da e per Londra per il gusto di sperimentare la via di terra con i suoi tempi lunghi, la possibilità di fermate in luoghi diversi, il gusto per la scoperta di paesaggi, città e paesi e un taccuino a disposizione per appuntare eventuali successive soste.
Il sito che ho individuato rimanda un’escursione a piedi di alcune ore da Locarno o da Lugano. Gli anni mi dicono che non potrò conoscerla se non con una sosta strategica lungo il percorso dell’autostrada, a fondo valle, lungo il lago.
Il romanzo si svolge invece in un continuo andirivieni tra valli, pascoli d’altura e rocce scoscese. Un’intera comunità ne è protagonista, fatta di donne di bambini, di animali e di uomini (spesso ingombranti), che si spostano tra basso e alto, di stagione in stagione con animali, attrezzi, derrate per ricavare o, meglio, strappare alla montagna, ai boschi, ai prati di che vivere, faticosamente.
La vicenda – narrata da Doris Femminis – si snoda in cinque sezioni temporali tra 1910, 1914, 1929, 1939, 1946, per concludersi nei primi anni Sessanta (“nei primi schermi di televisore, i Cavergnesi videro morire il Papa Buono con le sue promesse, un nero che gridava di avere un sogno, una donna che volava nello spazio, il presidente dell’America ammazzato, 1963).
È un romanzo storico nel quale l’autrice ricostruisce la vita com’era con una maestria da cui affiorano vicende, personaggi, vite vissute faticosamente, vite spezzate da malattie, da incidenti, da povertà, vite di bambini nati ‘a grappoli’, sotto il controllo rigido del prete sui movimenti, le azioni, i desideri, gli stimoli delle donne, fin dalla prima adolescenza, con una rigidità di vedute cui la comunità intera si adegua (e che, naturalmente, non sfiora l’universo maschile al quale tutto viene concesso).
Il controllo non impedisce ‘cadute’ – inevitabilmente di dominio pubblico – che segnano intere vite.
È la storia di una famiglia in particolare che interagisce con altre famiglie della comunità, di una coppia, dei numerosi figli, dei nipoti, tra difficoltà, intemperie, disgrazie, nascite e morti, ingegno nello sfruttare con parsimoniosa attenzione quel poco che la terra concede, amore per gli animali – le capre, in particolare -, nonostante la necessità di porre fine alla loro esistenza per sostentarsi.
Ciascuna sezione corrisponde a periodi storici segnati da avvenimenti di portata europea e mondiale, visti dalla prospettiva di un paese contraddistinto dalle montagne e dalla neutralità e, tuttavia, interessato dai rivolgimenti che gli avvenimenti provocano anche al suo interno e nella aree più remote.
Le storie familiari che si dipanano nella narrazione, intrecciandosi, sono inevitabilmente interessate dai mutamenti che coinvolgono i paesi confinanti e l’Europa tutta. L’ultima sezione, in particolare, registra le trasformazioni introdotte dal progresso (introduzione di materiali ‘nuovi’, di nuove tecniche, di nuove forme di lavoro. ecc.).
Le stesse su cui oggi, a distanza di oltre sessanta anni, ci troviamo costretti a interrogarci per riflettere alle prospettive future, sulle quali si stanno addensando rischi di igni tipo, ambientali, politici, strategici.
È un libro da leggere, da consigliare dopo averlo letto, averci riflettuto e averne soppesato i significati in profondità, indipendentemente dalla fascia d’età.
L’unico vantaggio per chi scrive è aver appreso in diretta, dalla radio, gli avvenimenti risalenti al 1963, che sono rimasti indelebilmente incuneati nella mente ‘ragazzina’ di allora che, alle prese con i compiti o con un libro, non li ha mai realmente ‘digeriti’, continuando a pensarli operanti nell’oggi.


Post scriptum
a. Contrariamente alla consuetudine, ho detto l’essenziale. Volutamente. Ci tengo ad aggiungere alcune considerazioni su due aspetti della narrazione che meriterebbero un’analisi approfondita, in particolare delle pagine dedicate al rapporto uomini/montagna, donna/montagna, bambini/montagna, un rapporto che richiede una sfida quotidiana, fino a quando si avvale della forza del singolo per affrontare salita e discesa, senza altri supporti che braccia e gambe.
b. Segnalo di seguito un titolo di Charles Ferdinand Ramuz (Losanna, 1878 – 1947) in cui la montagna è protagonista, e uno scritto dedicato a un testo di Élisèe Réclus, reperibile online:
Charles Ferdinand Ramuz, Se tornasse il sole, 1870, Jaka Book 1982
Purtroppo, giorno dopo giorno, trovo conferma al fatto che oggi si legge pochissimo e, in generale, il pubblico si orienta su Instant books e bestseller che richiedono uno sforzo minimo e molto poco aggiungono alla formazione culturale del singolo. Ciò non depone a favore della formazione politica (nel senso più ampio possibile) e civile. I risultati sono sotto gli occhi di tutti. Tuttavia continuo a leggere e scrivere di quel che leggo. Anche se so che scrivo come se dovessi preparare una lezione per le decine di alunni che ho avuto. Ciò che di questi tempi può risultare noioso.
Eppure, un romanzo come Chiara cantante e altre capraie può essere un’occasione di ‘educazione civica’, al femminile e – soprattutto – al maschile.
Ma è soprattutto la voce, lo stile, con cui Chiara è raccontata. Lì sta l’assoluta bellezza di questo libro così locale da essere locale, così aggrappato al tempo da renderlo infinito
"Mi piace"Piace a 1 persona