Leggendo La scuola fascista. Istituzioni, parole d’ordine e luoghi dell’immaginario, a c. di Gianluca Gabrielli e Davide Montino, Ombre corte

Parafrasando un famoso proverbio (“una ciliegia tira l’altra”) e adattandolo alla mia passione per la lettura, posso ben dire che “un libro tira l’altro”.

Il libro che “tira”, in questo caso, è un saggio dedicato alla scuola italiana nel corso del XX sec., con particolare focus sulle caratteristiche della scuola tra il periodo fascista e il passaggio all’epoca repubblicana: La scuola fascista. Istituzioni, parole d’ordine e luoghi dell’immaginario, a c. di Gianluca Gabrielli e Davide Montino, Ombre corte 2009, 2024.

È un libro che mi riguarda direttamente. O, meglio, è un libro che – se fosse stato già scritto – avrei dovuto leggere nel lontano 1975, quando ho realizzato che i miei studi filologici e classici – a dispetto del voto massimo e della lode – non avrebbero avuto uno sviluppo lavorativo universitario, già allora destinato ad una lunga attesa, fatta di incertezza lavorativa ed economica.

Con me, avrebbero dovuto leggerlo tutti i laureati che negli anni si sono indirizzati all’insegnamento, attraverso un percorso accidentato, fatto di supplenze di pochi giorni, qualche settimana o mese, in attesa dell’auspicata supplenza annuale e di un concorso purchessia.

Avrei / avremmo dovuto leggerlo se ci fosse stato un canale formativo serio, articolato, efficace per la formazione degli insegnanti. 

Ma, allora, non c’era. E non c’è stato per tutti gli anni del mio servizio, lasciato per raggiunti limiti di età. Non c’è neppure oggi. Ci sono stati corsi, corsetti, scuole di formazione avviate e presto arenate, domande, documenti, burocrazia e, oggi, ancora corsi, anche on line e, per di più, a carico degli aspiranti docenti.

Nulla che abbia a che fare con la pedagogia, la didattica e la riflessione sui contenuti.

La consapevolezza, se e quando nasce, si sviluppa in corso d’opera nei molti che trovano in sé la strada per prepararsi le lezioni da proporre nella pratica quotidiana, fatta anche di sbagli e della capacità di riconoscerli.

Gli altri leggono, assegnano, annoiano … schiere di bambini, ragazzini, adolescenti che diventano cittadini consapevoli solo se la famiglia li supporta o se trovano in loro stessi la capacità critica di muoversi tra le cose. 

Per supplire all’incapacità (che potrebbe non essere casuale) di quanti avrebbero dovuto realizzare la formazione dei docenti per la scuola dell’Italia repubblicana, pur avendo insegnato a livello liceale, ho fatto tesoro di letture destinate alla scuole elementari e medie – dalla Biblioteca di lavoro del gruppo coordinato da Mario Lodi ai numerosi titoli di Bruno Ciari (Movimento di cooperazione educativa) capaci di fornire elementi utili sul ‘come’ oltre che sul ‘cosa’.

Di fatto, per motivi – almeno in apparenza – incomprensibili, l’insegnamento delle discipline storico / letterarie (e non solo) dovrebbe avere l’incredibile capacità di ‘autosostentarsi’ con i contenuti senza bisogno di metodi di lavoro adatti alla situazione e ai discenti (una cosa così ovvia che si può ricavare anche dai testi di autori latini e greci).

Il risultato di questa mancanza di attenzione per la scuola è ormai evidente intorno a noi, a partire dalla diffusa ignoranza del testo fondamentale della nostra Repubblica – ossia, la Costituzione, entrata in vigore il 1° gennaio 1948 – che induce atteggiamenti dissonanti rispetto ai dettati costituzionali nella vita di tutti i giorni, nel mancato rispetto di persone e cose, in atteggiamenti di prevaricazione, proprio a partire dall’età scolare. 

Ma dove si annida l’origine di tale mancanza di attenzione? Da cosa dipende? Da banale trascuratezza o da un disegno progettuale?

Per rispondere a queste domande, La scuola fascista. Istituzioni, parole d’ordine e luoghi dell’immaginario è il libro da cui prendere le mosse perché riunisce i contributi di studiosi in campi diversi e complementari, indagando e spiegando su cosa si è fondata – inevitabilmente – la scuola di epoca repubblicana, nata faticosamente e con ritardo, dalla scuola di epoca monarchica e fascista.

Pubblicato originariamente nel 2009 e disponibile in una nuova edizione, il testo è organizzato in un corpo di 38 voci che, in ordine alfabetico, trattano tutti gli aspetti della scuola com’era, in una sintesi efficace e con ricchezza di documentazione.

La prefazione, l’introduzione e la bibliografia conclusiva sono vere e proprie miniere per chi, leggendo, si incuriosisca e voglia approfondire le questioni. 

A pagina 26, nel corpo dell’introduzione, trovo citato Augusto Monti (1881 – 1966) a proposito dei programmi scolastici firmati nel 1925, 1930, 1936 …:

“Si intervenne però in due direzioni, per rimarcare la saldatura del fascismo alla storia italiana: da una parte si ridussero progressivamente le letture dei classici (i “classici della libertà”, per dirla con Augusto Monti) a favore dell’approccio manualistico dall’altra si introdussero significative variazioni nelle letture gentiliane, …)”.

Prendo il testo di Augusto Monti – I miei conti con la scuola. Cronaca scolastica italiana del secolo XX, Einaudi 1965 – dalla libreria alle mie spalle (e scopro che ne esiste una nuova edizione, per i tipi della casa editrice ArabaFenice 2023).

Quando l’ho scovai, in un mercato dell’usato, l’ho letto, appassionandomi alla lettura e trovandomi di fronte a un quadro molto vicino a quello maturato in anni di insegnamento, a partire dall’incipit del volume:

“I professori che insegnano nelle scuole secondarie italiane medie e superiori non ebbero mai tirocinio: un perché di ciò vi sarà, quantunque io non l’abbia mai capito bene …”.

Quando lessi questo incipit, non ebbi dubbi nel recuperarlo dal polveroso scaffale dove giaceva in attesa di un lettore. A lettura completata, ho avuto un quadro finalmente chiaro della scuola fino al 1965, quando entravo al ginnasio da studentessa.

Il quadro dei lunghi anni successivi si è completato tra banchi, cattedra e libri. Poi tra libri, libri e ancora libri creando percorsi come quello che mi ha portato da Le mille e una Italia di Giovanni Arpino a La scuola fascista. Istituzioni, parole d’ordine e luoghi dell’immaginario per tornare indietro fino a recuperare I miei conti con la scuola di Augusto Monti (e non rinunciando ad acquistare libri destinati agli alunni del passato) per indagare un secolo complicato, tanto complicato da avere lasciato tracce indelebili e derive sempre, pericolosamente, in agguato da cui solo lo studio. la conoscenza della storia e la coscienza civica ci possono salvaguardare.

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